Social Media & Dataveillance

Guarda nel passato, troverai tutto quanto stabilito e si chiama libertà.

Senza storia né memoria lascia che io scriva i passi tuoi.

Vivi in pace la tua vita, non pensare, e sogna felicità.

[Frankenstein]

Comunicazione

Con e per… due semplici preposizioni: ovvero quella parte invariabile di un discorso che crea un legame fra parole e frasi, specificando un rapporto reciproco e una funzione sintattica della parola, locuzione o frase che la segue.

«Abbiamo avuto 250 decessi, voglio sempre ricordare che sono persone decedute 'con' coronavirus e non 'per' il coronavirus, l'Iss sta facendo tutta una serie di indagini epidemiologiche e cliniche». Queste sono le parole di Angelo Borrelli commissario straordinario per l'emergenza coronavirus, nella conferenza stampa del 13/03/2020.

Nella nostra lingua esistono parole semplicissime e apparentemente innocue, come le congiunzioni e le preposizioni che possono stravolgere l’intero significato di una frase.

Mescolando l’ordine delle parole e delle congiunzioni, cambiando le preposizioni si possono ottenere miscele linguistiche esplosive.

Se sparo a una persona con una qualsiasi patologia, posso difendermi dicendo che quella è morta "con la mia pallottola" piuttosto che "per la mia pallottola"? Credo proprio di no.

Quindi se delle persone con patologie, che fino a ieri vivevano tranquillamente, ma dopo che hanno contratto il virus sono decedute, perché si dovrebbe dire che sono morte per quelle patologie? Forse per nascondere errori e omissioni? Scelte scellerate fatte precedentemente?

La forma vale più del contenuto. La collocazione delle parole è molto importante nella manipolazione linguistica. L’arma principale dell’attacco linguistico alla mente non è il contenuto, ma la forma, in primo luogo la posizione delle parole. Spesso ciò che ci persuade è invisibile; più è invisibile, maggiore è il suo potere di persuasione.

«Sappiamo bene che la realtà trasforma il linguaggio. Il linguaggio può trasformare la realtà.»

(A/traverso - 1976)

Nell’articolo “Movimento 5 Stelle, ecco come funziona la propaganda su Facebook” il “giornalista”, a libro paga di De Benedetti, rosica parecchio perché la «struttura costruita [dal movimento 5s] negli anni… permette di aggirare i media tradizionali e fare arrivare il messaggio pentastellato senza intermediazione».

Già dal sottotitolo si capisce che, secondo il sig. Mauro Munafò il fatto di comunicare senza una intermediazione, e aggiungerei censurata, e aggirare i media tradizionali è una cosa grave, perché sfugge alla rete del potere. Ma potrebbe sorgere un dubbio… titolo e il sottotitolo non sono stati scritti da lui.

Nell’articolo, che non linko, perché voglio fare pubblicità a un fogliaccio, il signore parla della diretta video di Lugi Di Maio del 27 maggio, quando il Presidente della Repubblica bocciò Paolo Savona come ministro dell’Economia.

Nell’articolo si citano anche dati riservati (ricavati come non lo spiegano, ma se sono riservati avranno ben violato qualche sistema di sicurezza. Hacker russi? No se hai De Benedetti come garante sei a posto… il sindacato ci fece scioperare quando lo incarcerarono per le schifezze vendute allo stato) … «nelle prime 12 ore dalla sua pubblicazione appare sui Facebook [sui Facebook!?!??!?!?! ogni utente ha un Facebook diverso 😊] di 12 milioni di utenti, totalizzando oltre 7 milioni di visualizzazioni. Nessuna intermediazione, nessun giornalista, nessun commentatore, nessun contraddittorio: solo Di Maio con la sua versione dei fatti e la telecamera».

Ovviamente vengono smontati i dati, che se è pur vero che «le statistiche di Facebook tendono a essere piuttosto generose e a considerare ascoltatore anche chi ha visto appena 3 secondi di video o non ha attivato l’audio (e sono la maggioranza, specie tra chi scorre la app sullo smartphone)» [app, smartphone, scorrimento, audio… della serie ma di che cazzo parli? ok scrivi ste cose per farti vedere un esperto, esperto, esperto…], viene dato per affidabile il dato degli ascolti televisivi, raccolto tramite campione (mai chiarito come viene scelto). E qui si da per scontato che sia più serio il medium TV, forse perché possono fare un contradittorio? Contradittorio tra chi, tra loro?

Poi il nostro, si trasforma in un esperto di Social Media Marketing, citando a cazzo le trasformazioni dell’algoritmo di Facebook, senza citare fonti (peraltro facilmente reperibili), il che dimostra che la digital divide esiste e non dipende dal titolo di studio, ma se sei schiavo di un padrone.

Il vero problema sta che «Oltre alla propaganda ufficiale, che deve rispettare comunque una certa istituzionalità, c’è un sottobosco di pagine, siti e gruppi amatoriali».

Finalmente il “nostro” centra il vero problema, la possibilità di chiunque di diventare veicolo di informazione (giusta o sbagliata che sia), non mediata dal potere del capitale, di cui il “nostro” è un semplice servetto, che sarà il primo “eliminato” quando il suo padrone non ne avrà più bisogno.

Questa mancanza di istituzionalità (che significa? per caso non avere il tesserino della corporazione dei servi del potere?) è il problema, perché il “nostro” esperto in comunicazione social dovrebbe ben sapere che sui social la comunicazione è bidirezionale, mentre sui medium tradizionali, come tv, giornali ecc. è unidirezionale, broadcasting da una trasmittente ad un insieme di ricevitori, dove si capisce che non esiste un modo di intervenire in modo diretto, non esiste un modo per controbattere quello che il potere dice (trasmette). Tutti i medium tradizionali hanno in sé forma di potere a prescindere da chi li detiene.

I social sono reti di comunicazione orizzontali che rendono possibile quella che Castells ha definito «autocomunicazione di massa, [che accresce] drasticamente l’autonomia dei soggetti comunicanti rispetto alle corporation delle comunicazioni, in quanto gli utenti diventano al tempo stesso mittenti e destinatari di messaggi». [M. Castells – Comunicazione e potere].

Nei medium tradizionali o mainstream ma il cui vero nome è borghese, gli attori della comunicazione favoriscono i propri interessi attraverso meccanismi quali la scelta dell’agenda mediatica (agenda che viene seguita anche da chi si auto dichiara alternativo), la falsificazione e la manipolazione delle notizie e di tutte le altre forme di comunicazione, come foto e filmati, debitamente tagliati e montati.

Questi complessi processi portano ad un risultato semplice, quello di impiantare nella mente di milioni di persone delle “cornici” (frame) che introducono concetti che devono diventare egemonici per il potere.

Da sempre i media si sono presentati come strumenti ideologici al servizio della classe al potere, e il ruolo che essi hanno assunto è sempre stato quello di controllo e istruzione degli individui, al fine di impedire una presa di coscienza.

Il potere economico, quello del dio mercato, deve creare un dominio politico e ideologico funzionale a sé stesso e trasforma i media in strumenti necessari, al pari di carceri e scuole, al modo di produzione capitalistico. Questo in Italia avviene con la mediazione dello stato che controlla direttamente radio e televisioni (a cui noi tutti dobbiamo contribuire a mantenere con il canone), e indirettamente tramite partiti politici e sovvenzioni ai giornali.

Ma dove sta il contradittorio, che il nostro quaquaraquà desidera tanto in un TG3 che partendo dal cadavere in putrefazione di LEU, passando ai due tre esponenti delle correnti DEM (tante correnti quanti gli elettori), e alle altrettante veline di FI, per finire ai fini dicitori (pagati dal nostro canone) che leggono le veline imposte dai finazisti di Bruxelles che continuano da mesi a ripetere la stessa frase… «sono a rischio i risparmi degli italiani», senza dare una minima giustificazione a quello che dicono, perché l’importante è formare nelle nostre menti questi frame che vogliono presentare le scelte del finazisti europei come le migliori possibili, anche se le politiche governative non sono certo rivoluzionarie, ma hanno una pur minima critica alla politica nizieuropeista.

E per finire la barzelletta di oggi dal Brancaccio in cui the child of the window commissioner dice che "Il potere non ama chi lo contesta".

Non abbiamo certo bisogno di un Calabresi qualunque (a libro paga del potere) che ci venga a dire una verità che conosciamo da centinaia di anni.

 

«Bisogna dire e ripetere che quel soldino buttato là distrattamente nella mano dello strillone è un proiettile consegnato al giornale borghese che lo scaglierà poi, al momento opportuno, contro la massa operaia»

[Gramsci - I giornali e gli operai - Avanti!, ediz. Piemontese, 22 dicembre 1916]

Voluto giornalisti e politici (Boldrini in primis), sempre più spesso presi in fallo per le fake-news (come le armi di distruzione di massa di Saddam e Assad), ecco che nasce il Ministero Mondiale della Verità. Fautore e titolare del dicastero Facebook, con la collaborazione di varie testate, Abc News, Ap, FactCheck.org, Politifact e Snopes negli USA, e di qualche giorno fa la notizia, con Le Monde, France-Press, Bfm-Tv, France Televisions, France Medias Monde, L'Express, Liberation e 20 Minute per la Francia, in cui il sistema di controllo della veridicità della notizie farà il suo debutto europeo.

Il potere delle narrazioni tossiche: frame, contagio, controllo - Social Media & Dataveillance

“Sicurezza”, “controllo”, “scontro tra civiltà”, “vogliono colpire il nostro stile di vita”, sono le parole e le frasi più utilizzate dai media mainstream dopo gli attentati di Parigi dello scorso novembre.

Proprio dal 13 novembre sono in atto narrazioni, che possiamo tranquillamente definire tossiche, perché raccontate «… sempre dallo stesso punto di vista, nello stesso modo e con le stesse parole, omettendo sempre gli stessi dettagli, rimuovendo gli stessi elementi di contesto e complessità».