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sabato, 27 Luglio 2024

Aaron Swar­tz: un “sui­ci­dio” di sta­to?

Occu­pan­do­ci di Inter­net non pos­sia­mo ren­de­re omag­gio, a un anno dal­la sua mor­te, ad Aaron Swar­tz, auto­re di “Guer­ril­la Open Access Mani­fe­sto”; che a 14 anni scris­se le spe­ci­fi­che di RSS 1.0 e a 17 par­te­ci­pò alla ste­su­ra del­la licen­za Crea­ti­ve Com­mons. Aaron cre­de­va in una Inter­net vera­men­te libe­ra.

«L’informazione è pote­re. Ma come con ogni tipo di pote­re, ci sono quel­li che se ne voglio­no impa­dro­ni­re. L’intero patri­mo­nio scien­ti­fi­co e cul­tu­ra­le, pub­bli­ca­to nel cor­so dei seco­li in libri e rivi­ste, è sem­pre più digi­ta­liz­za­to e tenu­to sot­to chia­ve da una man­cia­ta di socie­tà pri­va­te. Vuoi leg­ge­re le rivi­ste che ospi­ta­no i più famo­si risul­ta­ti scien­ti­fi­ci? Dovrai paga­re enor­mi som­me a edi­to­ri come Reed Else­vier.
C’è chi lot­ta per cam­bia­re tut­to que­sto. […]»

Così ini­zia “Guer­ril­la Open Access Mani­fe­sto” scrit­to da Aaron Swar­tz. Aaron Swar­tz ave­va 26 anni quan­do, l’11 gen­na­io di quest’anno (2013), si è sui­ci­da­to. «È sta­to ucci­so dal gover­no», tito­la il “Chi­ca­go Sun-Times” citan­do Robert Swar­tz, il padre di Aaron. E, in una dichia­ra­zio­ne la fami­glia aggiun­ge: «L’uf­fi­cio del pro­cu­ra­to­re degli Sta­ti Uni­ti ha avan­za­to una serie di accu­se par­ti­co­lar­men­te dura, arri­van­do poten­zial­men­te a più di 30 anni di car­ce­re, per puni­re un pre­sun­to cri­mi­ne che non ave­va pro­vo­ca­to vit­ti­me».
Ma che cri­mi­ne ave­va com­mes­so Aaron per esse­re per­se­gui­ta­to in que­sto modo?
Aaron è sta­to accu­sa­to di 13 capi d’imputazione, in base al “Com­pu­ter Fraud and Abu­se Act” (CFAA — Leg­ge con­tro l’a­bu­so e la fro­de infor­ma­ti­ca) e, qua­lo­ra fos­se sta­to rite­nu­to col­pe­vo­le, sareb­be potu­to esse­re con­dan­na­to a oltre 30 anni di pri­gio­ne fede­ra­le e al paga­men­to di una mul­ta di oltre un milio­ne di dol­la­ri.
Nel luglio 2011 Aaron fu incri­mi­na­to per ave­re sca­ri­ca­to 4,8 milio­ni di docu­men­ti dal data­ba­se Jstor (Jour­nal Sto­ra­ge), pre­su­mi­bil­men­te con l’in­ten­zio­ne di met­ter­li a dispo­si­zio­ne di tut­ti.
Jstor è un archi­vio digi­ta­le che com­pren­de oltre 1000 rivi­ste acca­de­mi­che, e come per la mag­gior par­te del­le ban­che dati acca­de­mi­co, si deve paga­re per acce­de­re alla loro con­sul­ta­zio­ne. Il prez­zo però non è l’u­ni­ca limi­ta­zio­ne di acces­so: Jstor accet­ta solo iscri­zio­ni da isti­tu­zio­ni. Que­sto signi­fi­ca che un qual­sia­si stu­dio­so indi­pen­den­te, un ricer­ca­to­re sen­za un ente di appar­te­nen­za , un pre­ca­rio sono auto­ma­ti­ca­men­te esclu­si. Que­sta non è nient’altro che una for­ma di pri­va­tiz­za­zio­ne del­la cono­scen­za, per­ché né gli auto­ri né i revi­so­ri sono paga­ti per il mate­ria­le pub­bli­ca­to: anzi mol­te vol­te i testi sono pro­dot­ti di stu­di finan­zia­ti da fon­di pub­bli­ci, se non addi­rit­tu­ra di lavo­ro volon­ta­rio.
Due gior­ni pri­ma del sui­ci­dio di Aaron, il pro­cu­ra­to­re degli Sta­ti Uni­ti nel Mas­sa­chu­setts, Car­men Ortiz (scel­ta dal pre­si­den­te Oba­ma, con­tro Aaron) e gli assi­sten­ti Ste­phen P. Hey­mann e Scott L. Gar­land han­no respin­to un accor­do che avreb­be man­te­nu­to Aaron fuo­ri dal car­ce­re.
«Era in cor­so in una lezio­ne di gran­de visi­bi­li­tà, — ha det­to Har­vey Sil­ver­gla­te, avvo­ca­to del­le liber­tà civi­li, a Cam­brid­ge, Mass. — che ha miglio­ra­to le car­rie­re di un grup­po di magi­stra­ti e di una in par­ti­co­la­re, mol­to ambi­zio­sa — poli­ti­ca­men­te ambi­zio­sa — che ama ave­re il suo nome in luce».
E, in effet­ti, la Ortiz è una stel­la nascen­te del Par­ti­to Demo­cra­ti­co, tut­ta leg­ge-e-ordi­ne-pub­bli­co: Il “Boston Glo­be” ha rife­ri­to che la Ortiz è un poten­zia­le can­di­da­to come gover­na­to­re del Mas­sa­chu­setts. Fede­li “ser­vi­to­ri del­lo sta­to”, che mira­no a una car­rie­ra poli­ti­ca: qua­le miglio­re garan­zia per uno sta­to se non quel­la di por­ta­re al pote­re poli­ti­co un suo fede­le ser­vi­to­re per garan­ti­re quel­lo che non è un feno­me­no  natu­ra­le ma crea­to dal­la leg­ge.
Dai più Aaron è sta­to descrit­to come un genio, un hac­ker (hac­ker “buo­no” han­no scrit­to mol­ti gior­na­li­sti; se alme­no si docu­men­tas­se­ro sui prin­ci­pi fon­da­men­ta­li dell’etica hac­ker …). Cer­to non lo si può nega­re, a 14 anni scris­se le spe­ci­fi­che di RSS 1.0 (Real­ly Sim­ple Syn­di­ca­tion — è uno dei più popo­la­ri for­ma­ti per la distri­bu­zio­ne di con­te­nu­ti Web), a 17 par­te­ci­pò alla ste­su­ra del­la licen­za Crea­ti­ve Com­mons, ha par­te­ci­pa­to alla fon­da­zio­ne del­la start up di Info­ga­mi, poi fuso con Red­dit: un sito di social news in cui gli uten­ti pos­so­no posta­re link e discu­te­re argo­men­ti. Ma non solo.
Nel 2010, con la sua ini­zia­ti­va DemandProgress.org è sta­to uno dei nodi cru­cia­li del movi­men­to di pro­te­sta che negli Sta­ti Uni­ti ha scon­fit­to il Con­gres­so sul­l’i­na­spri­men­to del­le leg­gi del copy­right in rete: la Stop Onli­ne Pira­cy Act (SOPA — Leg­ge per fer­ma­re la pira­te­ria Onli­ne) e la Pro­tect Intel­lec­tual Pro­per­ty Act (PIPA — Leg­ge per la Pro­te­zio­ne del­la pro­prie­tà Intel­let­tua­le). Leg­gi che han­no avu­to il soste­gno di indu­strie poten­ti, come le major di Hol­ly­wood: ma uno sfor­zo di base gui­da­to da Swar­tz e da altri, ha obbli­ga­to il Con­gres­so a riti­ra­re quei pro­get­ti di leg­ge. Una bat­tu­ta d’ar­re­sto impor­tan­te per chi uti­liz­za le leg­gi sul­la “pro­prie­tà intel­let­tua­le” per impe­di­re la con­di­vi­sio­ne del­le infor­ma­zio­ni.
Dico­no che si sia ucci­so, per­ché vit­ti­ma di depres­sio­ne: per quan­to pos­sa esse­re fal­so in boc­ca a chi l’ha per­se­gui­ta­to e minac­cia­to, per difen­de­re i pro­fit­ti di qual­cu­no, è vero che Aaron sof­fri­va di depres­sio­ne.
Stress, ansia per un futu­ro sem­pre più incer­to, inson­nia e depres­sio­ne, sono gli sta­ti di una gene­ra­zio­ne pre­ca­ria, cui la rete impo­ne una vir­tua­liz­za­zio­ne dei rap­por­ti socia­li: impo­ne una soli­tu­di­ne fisi­ca.
Il sui­ci­dio sta diven­tan­do un feno­me­no fon­da­men­ta­le dei nostri tem­pi e di tut­ta una gene­ra­zio­ne che rifiu­ta di sop­por­ta­re il peso intol­le­ra­bi­le del­la vio­len­za cui è sot­to­po­sta.
Pochi gior­ni dopo che Aaron si è tol­to la vita, la Ortiz ha can­cel­la­to tut­te le accu­se.

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