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sabato, 27 Luglio 2024

Cro­wd­sour­cing: l’incoscienza del neo pro­le­ta­ria­to 2.0

Si scri­ve cro­wd­sour­cing ed è l’unione di due paro­le “cro­wd”, che signi­fi­ca fol­la e “outsour­cing” che signi­fi­ca ester­na­liz­za­zio­ne da par­te di un’azienda di alcu­ne sue atti­vi­tà, ver­so ter­zi. Il cro­wd­sour­cing quin­di, non è altro che un nuo­vo model­lo orga­niz­za­ti­vo che pre­ve­de l’esternalizzazione di alcu­ne atti­vi­tà a grup­pi di per­so­ne (la “fol­la”) non lega­te da vin­co­li con­trat­tua­li.

Da qui nasce uno dei tan­ti neo­lo­gi­smi lega­ti al cro­wd­sour­cing: cro­wd­wor­king (“lavo­ro del­la fol­la”), ovve­ro la nuo­va ver­sio­ne del cot­ti­mo (il cot­ti­mo 2.0), dove la man­can­za di vin­co­li con­trat­tua­li puz­za tan­to di labo­ra­to­ri clan­de­sti­ni, di iper­sfrut­ta­men­to e alie­na­zio­ne, di gio­co al ribas­so sen­za tre­gua del­le retri­bu­zio­ni.

Ma il cro­wd­sour­cing non è uti­liz­za­to solo nell’ambito del­le ester­na­liz­za­zio­ni di atti­vi­tà, ma anche in un ambi­to che può esse­re defi­ni­to “Mar­ke­ting col­la­bo­ra­ti­vo” tra azien­da e con­su­ma­to­re, anzi tra azien­da e pro­su­mer (unio­ne del­la paro­la pro­fes­sio­nal o pro­du­cer con la paro­la con­su­mer). Que­sto ter­mi­ne indi­ca come nel­la nostra socie­tà post moder­na si è modi­fi­ca­to il con­su­mo, e di con­se­guen­za il con­su­ma­to­re, che assu­me un ruo­lo diver­so dal pas­sa­to: non più un ruo­lo pas­si­vo di sem­pli­ce uti­liz­za­to­re del­la mer­ce che acqui­sta, ma un indi­vi­duo che gra­zie allo svi­lup­po del­le tec­no­lo­gie ICT, e spe­cial­men­te del Web 2.0, diven­ta un sog­get­to atti­vo di ciò che con­su­ma.

Que­sto tipo di coin­vol­gi­men­to da par­te di un pro­su­mer por­ta tre van­tag­gi a un’azienda: ottie­ne un’idea inno­va­ti­va con meno tem­po e mino­ri inve­sti­men­ti; effet­tua mino­ri erro­ri duran­te lo svi­lup­po del pro­dot­to; può moni­to­ra­re la sua repu­ta­zio­ne gra­zie a un con­fron­to con­ti­nuo. In pra­ti­ca il pro­su­mer col­la­bo­ra (gra­tui­ta­men­te) a ogni fase del pro­ces­so pro­dut­ti­vo di un pro­dot­to (sen­za ren­der­se­ne con­to).

Il cro­wd­sour­cing

Come nasce que­sto nuo­vo model­lo orga­niz­za­ti­vo? Il ter­mi­ne è sta­to conia­to nel 2006 da Jeff Howe, e fa il ver­so al con­cet­to stes­so di outsour­cing, esten­den­do il signi­fi­ca­to stes­so di ester­na­liz­za­zio­ne del­le atti­vi­tà da par­te di un’azienda, ver­so ter­ze, quar­te, quin­te … infi­ni­te par­ti.

Nono­stan­te il ter­mi­ne sia sta­to conia­to dopo, l’esempio miglio­re di cro­wd­sour­cing rima­ne la rea­liz­za­zio­ne del ker­nel di Linux, del pro­get­to GNU e la pro­du­zio­ne del soft­ware Open Sour­ce. Que­sto per­ché uno dei con­cet­ti fon­da­men­ta­li del cro­wd­sour­cing è pro­prio il con­trol­lo dif­fu­so che un grup­po di per­so­ne può eser­ci­ta­re sul­la qua­li­tà di un pro­dot­to.

Pro­prio que­sto con­cet­to base del cro­wd­sour­cing, fa conia­re a James Suro­wiec­ki l’ottimistico slo­gan “La sag­gez­za del­la fol­la”, tito­lo di un suo libro.

E dal ter­mi­ne cro­wd­sour­cing sono nati, come abbia­mo visto nel caso di cro­wd­wor­king, altri neo­lo­gi­smi, tra cui cro­w­d­crea­tion (pen­sia­mo ai volon­ta­ri di Wiki­pe­dia) oppu­re cro­w­d­foun­ding (ter­mi­ne che indi­ca il finan­zia­men­to di un’opera per fare in modo che l’autore la pos­sa rea­liz­za­re).

La gran­de illu­sio­ne col­let­ti­va del Web 2.0 fa sì che tut­ti pos­sa­no offri­re le pro­prie com­pe­ten­ze su un mer­ca­to glo­ba­le sen­za esse­re lega­ti né a un posto di lavo­ro né a una par­ti­co­la­re azien­da (e di con­se­guen­za con­trat­to): e pro­prio i pro­ces­si di pro­du­zio­ne col­let­ti­vi tipi­ci del cro­wd­sour­cing sono ribal­ta­ti del­le azien­de a loro favo­re. S’impossessano del lavo­ro di un’intelligenza col­let­ti­va, ci met­to­no un mar­chio, blin­da­no il tut­to con il copy­right … sen­za paga­re nes­su­no.

Ovvia­men­te la cro­w­d­crea­tion dei volon­ta­ri di Wiki­pe­dia, che rima­ne no pro­fit, sen­za pub­bli­ci­tà e finan­zia­men­ti pub­bli­ci (se non quel­lo dei frui­to­ri), ha un sen­so diver­so, come pure il cro­w­d­foun­ding, se pen­sia­mo, al regi­sta Boc­chi che ha potu­to in que­sto modo rea­liz­za­re il film docu­men­ta­rio su Gui­do Picel­li (il leg­gen­da­rio pro­ta­go­ni­sta del­le Bar­ri­ca­te di Par­ma).

Il cro­wd­sour­cing sfrut­ta la dif­fi­col­tà lavo­ra­ti­va d’intere gene­ra­zio­ni di per­so­ne, sol­le­ci­ta­te a dare un valo­re a un pre­ca­ria­to pro­fes­sio­na­le, obbli­gan­do­li a rima­ne­re sem­pre on line e dispo­ni­bi­li ad accet­ta­re qual­sia­si lavo­ro.

Que­sta “moder­niz­za­zio­ne” ci ripor­ta indie­tro a un con­cet­to otto­cen­te­sco del lavo­ro, o a un più “moder­no capo­ra­la­to”, dove i neo pro­le­ta­ri digi­ta­li sono sem­pre a dispo­si­zio­ne su piaz­ze vir­tua­li, aspet­tan­do di esse­re chia­ma­ti al lavo­ro. Sia­mo nel pie­no di quel­la che James Ross ha defi­ni­to la “Jac­k­pot Eco­no­my”.

Il Tur­co Mec­ca­ni­co

La mas­si­ma e più sini­stra espres­sio­ne del cro­wd­sour­cing che pos­sia­mo tro­va­re è il “Tur­co Mec­ca­ni­co” (Mecha­ni­cal Turk) intro­dot­to da Ama­zon come “inno­va­zio­ne” del lavo­ro con­tem­po­ra­neo.

crowdsourcing 2Nel “Tur­co Mec­ca­ni­co” di Ama­zon non c’è un uomo di pic­co­la sta­tu­ra che deve appa­ri­re invin­ci­bi­le al gio­co degli scac­chi (infat­ti il nome allu­de a un auto­ma crea­to nel 1770 da un inven­to­re unghe­re­se — Wol­fgang von Kem­pe­len — auto­ma appa­ren­te­men­te in gra­do di gio­ca­re a scac­chi), ma c’è l’idea di fram­men­ta­re e al tem­po stes­so inten­si­fi­ca­re lo sfrut­ta­men­to del lavo­ro, appal­tan­do pic­co­li pez­zi di atti­vi­tà a sin­go­li lavo­ra­to­ri sen­za con­trat­ta­re le con­di­zio­ni di lavo­ro: in altre paro­le disgre­ga­zio­ne del­le man­sio­ni e sala­ri al ribas­so. Die­tro al “Tur­co Mec­ca­ni­co” di Ama­zon ci sono oltre cin­que­cen­to mila lavo­ra­to­ri di oltre 100 Pae­si.

L’ideologia neo libe­ri­sta inneg­gia a un mer­ca­to d’individui iso­la­ti, facil­men­te ricat­ta­bi­li, ridot­ti a capi­ta­le uma­no, dove il rap­por­to tra com­mit­ten­te e for­ni­to­re è basa­to sui rap­por­ti di for­za gene­ra­ti dal­la logi­ca dell’apprezzamento o repu­ta­zio­ne, attra­ver­so l’uso dei Social Media … e cadia­mo sem­pre nel tan­to mitiz­za­to Web 2.0.

La crea­zio­ne del “Tur­co Mec­ca­ni­co” risa­le al 2005, die­ci anni dopo la nasci­ta di Ama­zon, e del­la sua cre­sci­ta in cui si è veri­fi­ca­to il pas­sag­gio da riven­di­to­re di libri on line a enor­me cen­tro com­mer­cia­le vir­tua­le. In pra­ti­ca il “Tur­co Mec­ca­ni­co” nasce dopo il per­fe­zio­na­men­to, da par­te di Ama­zon, del suo model­lo di sfrut­ta­men­to dei lavo­ra­to­ri. La novi­tà del “Tur­co Mec­ca­ni­co” sta nel fat­to che non si sfrut­ta il lavo­ro per ven­de­re mer­ci, ma nell’aver crea­to un siste­ma per ven­de­re il lavo­ro stes­so, che diven­ta mer­ce a bas­so costo, fran­tu­ma­to in milio­ni di pic­co­le man­sio­ni.

Nel 1911 Tay­lor pub­bli­cò un sag­gio in cui descri­ve­va una solu­zio­ne scien­ti­fi­ca per ovvia­re alla scar­sa pro­dut­ti­vi­tà dei lavo­ra­to­ri, secon­do cui il lavo­ro pote­va esse­re divi­so in pic­co­le man­sio­ni ripe­ti­ti­ve, cui era asse­gna­to un tem­po limi­te. Qua­si cen­to anni dopo, Ama­zon met­te in pra­ti­ca un approc­cio simi­le, ma men­tre nel­la solu­zio­ne di Tay­lor la genia­li­tà sta­va nel sovrac­ca­ri­ca­re la cate­na di mon­tag­gio ridu­cen­do il lavo­ro qua­li­fi­ca­to in pic­co­le man­sio­ni dequa­li­fi­ca­te, la genia­li­tà del “Tur­co Mec­ca­ni­co” sta nel crea­re una “cate­na di mon­tag­gio vir­tua­le” in cui le ope­ra­zio­ni non sono seria­liz­za­te.
Se nel post for­di­smo si è avu­ta una ridu­zio­ne del­lo spa­zio (del­le gran­di fab­bri­che) per­ché il tem­po ten­de a diven­ta­re infi­ni­te­si­ma­le (gra­zie alla tec­no­lo­gia ICT, e da qui nasce la fab­bri­ca dif­fu­sa), con il “Tur­co Mec­ca­ni­co” anche lo spa­zio diven­ta infi­ni­te­si­ma­le; si arri­va quin­di a un con­cet­to rela­ti­vi­sti­co del­la pro­du­zio­ne che sta­bi­li­sce un’equivalenza tra le due iden­ti­tà (spa­zio-tem­po) e non più una dipen­den­za di un’entità dall’altra come nel­la pro­du­zio­ne for­di­sta.

Che fare?

I neo pro­le­ta­ri digi­ta­li del “Tur­co Mec­ca­ni­co”, ma anche del­le deci­ne di altri siti, non sono nient’altro che nodi fram­men­ta­ti di una rete, scon­nes­si fra loro, per­ché l’unica con­nes­sio­ne che han­no è, even­tual­men­te, con il loro com­mit­ten­te. Nodi di una rete gerar­chi­ca, e non pari­te­ti­ca come lo era Inter­net pri­ma del crol­lo del­le Dot­Com, del­le Tor­ri Gemel­le e del con­trol­lo da par­te dei Gover­ni gra­zie alla com­pli­ci­tà del­le gran­di com­pa­gnie … ovve­ro pri­ma dell’avvento del Web 2.0.

Iso­la­ti per­ché il neo libe­ri­smo impo­ne che lo sia­no, per­ché capi­re la pro­pria con­di­zio­ne d’ipersfruttamento, diven­ta una cosa rivo­lu­zio­na­ria.

Se con­si­de­ria­mo quan­to Lukas Biewold, CEO e fon­da­to­re di Cro­w­d­Flo­wer (sito che van­ta cin­que milio­ni d’iscritti in 280 Pae­si) ha det­to nel 2010 in una con­fe­ren­za di gio­va­ni infor­ma­ti­ci, in un momen­to di eufo­ri­ca e incon­trol­la­ta fran­chez­za: «Pri­ma di Inter­net era dif­fi­ci­le tro­va­re qual­cu­no, far­lo sede­re per die­ci minu­ti, far­lo lavo­ra­re per te e poi licen­ziar­lo dopo quei die­ci minu­ti. Ma gra­zie alla tec­no­lo­gia, ora lo puoi tro­va­re, paga­re una pic­co­la som­ma di dena­ro, e poi sba­raz­zar­te­ne quan­do non ne hai più biso­gno.», si capi­sce che sia­mo ormai all’apoteosi del neo libe­ri­smo più sfre­na­to; nes­su­na tute­la, nes­sun pro­ble­ma a licen­zia­re, con “sin­da­ca­ti” non pron­ti a inter­cet­ta­re que­ste nuo­ve fron­tie­re del lavo­ro, per­ché ormai più CAF che sin­da­ca­ti, anche per­ché non han­no sapu­to rimo­del­lar­si sui nuo­vi para­dig­mi del­la pro­du­zio­ne post for­di­sta.

Il cro­wd­sour­cing è una ten­den­za desti­na­ta a cre­sce­re, e con essa decre­sce­rà ulte­rior­men­te il costo del lavo­ro spo­stan­do­si sem­pre più ver­so est, com’è suc­ces­so per quel­lo fisi­co. Ma non ci sarà nes­sun pre­si­dio, nes­su­na ten­da, nes­sun fuo­co per riscal­dar­si nel­la neb­bia, nes­su­na mani­fe­sta­zio­ne, per­ché il tut­to avver­rà in un mon­do “vir­tua­le”, in un modo iso­la­to all’interno del­le pro­prie quat­tro mura dove i neo pro­le­ta­ri 2.0 lavo­ra­no.

«Ora com­pren­de­va­no quan­to era­no sta­ti sag­gi gli uomi­ni comu­ni, quan­do ave­va­no sfa­scia­to pra­ti­ca­men­te tut­to. Era così che biso­gna­va fare, e al dia­vo­lo la mode­ra­zio­ne!»
[Kurt Von­ne­gut da “Distrug­ge­te le mac­chi­ne”]

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